"Non credo alla tua lingua, credo
solo alla famiglia". Parole che incarnano perfettamente l'anima
del rapper Signor D, voce e penna di "Maschere", nuovo singolo
realizzato insieme al producer torinese Mastafive, rilasciato
dall'etichetta discografica Revolutionary Records di Battipaglia
(in provincia di Salerno) e disponibile su tutte le piat-taforme
streaming.
Il microfono e la toga: tanto apparentemente distanti quanto
sostanzialmente legati. "Queste due presunte rette parallele io
le vedo molto vicine», racconta l'artista 37enne che re-gistrò
il suo primo brano nel 2003 nello studio del celebre beatmaker
Fabio Musta. «Il rap - soggiunge - è nato dalle rivendicazioni
degli afroamericani costretti ad assistere inermi agli stupri
subiti dalle madri e dalle sorelle, agli abusi di potere del
sistema: in un quadro tanto cupo, le rime e i quattro quarti
servivano a invocare giustizia». Alla maniera di un'arringa:
«L'avvocato difende le persone dalle ingiustizie, il rapper fa
la stessa cosa. E io sono orgoglio-so d'essere un avvocato che
fa il rapper e un rapper che fa l'avvocato".
"Maschere" suona alla stregua d'un monito: "La generazione
del momento - spiega Signor D - sta tristemente adeguandosi a
indossare una maschera, a pie-garsi agli standard imposti dalla
società. Tutti uguali: l'ultimo tra gli influencer non fa altro
che emulare il primo. Ovviamente non vale per tutti: le mosche
bianche ci sono sempre. Io mi reputo una mosca trasparente». Il
ritornello del brano è una motivazione, un monito a recu-perare
sé stessi, la propria identità, le proprie radici: "Dovresti
solo cominciare a credere in te, ora è tempo di vivere,
smetterla di fingere", canta Signor D.
L'antidoto all'omologazione? "Essere sé stessi, non un cliché:
amare il tuo carattere, buttare via le maschere".
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